Contratti a progetto: cosa sono e come sono cambiati

Oggi si sente molto parlare di contratti a progetto nel contesto lavorativo. Ma cosa sono esattamente queste forme contrattuali e quali sono le loro peculiarità?

In questa guida ti parleremo del contratto a progetto, del suo funzionamento dopo la riforma del Jobs Act e delle prospettive future legate a questa forma di lavoro.

Per contratto a progetto o contratto di collaborazione a progetto (abbreviato co.co.pro.) intendiamo quel tipo di contratto di lavoro vigente nella legislazione del diritto del lavoro italiana, dal 2003 al 2015.

Questo accordo affiancava il previgente contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) introdotto dal cosiddetto pacchetto Treu e successivamente modificato dalla attuazione della legge Biagi.

Come abbiamo detto, il co.co.pro è stato abolito dal Jobs Act, ma ci sono comunque delle eccezioni da mettere in evidenza. Vediamo subito quali sono.

Il lavoro a progetto dopo il Jobs Act

Che cos’è il Jobs Act e quali sono le principali ricadute che ha avuto sul lavoro a progetto? Te lo spieghiamo nei prossimi paragrafi di questa guida.

Nello specifico, parleremo di:

  • Cos’è la collaborazione a progetto;
  • Come è nata e quali sono le sue caratteristiche principali;
  • Come funzionano retribuzione e contributi;
  • Come si è evoluta con l’avvento del Jobs Act;
  • Come approfondire il tema con un percorso di studi ad hoc

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Contratto a progetto: cos’è

Iniziamo a parlare di contratti a progetto cercando di definire questa tipologia di contratto di lavoro autonomo che, come detto, è stata eliminata dal Jobs Act.

Il lavoro a progetto prevedeva che chiunque riceveva l’incarico, lo poteva svolgere nel modo, nel tempo e nel luogo che più si adattavano alle sue esigenze.

Questa forma contrattuale è stata introdotta ufficialmente dal D. Lgs. 276/2003 che è stata l’attuazione della Legge 30/2003 (Legge Biagi), nata per controllare i vecchi co.co.co e regolamentare i rapporti di collaborazione.

Ma quali erano le caratteristiche dei co.co.pro prima del Jobs Act? Proviamo a riassumerle in questi punti:

  • Il lavoratore godeva di autonomia rispetto ai risultati da raggiungere;
  • Il contratto doveva essere sempre messo per iscritto;
  • Il progetto era il centro di tutto e doveva essere sempre specificato insieme al risultato atteso da conseguire;
  • La durata doveva essere determinata o determinabile;
  • Non c’erano vincoli di subordinazione né di orari né per quanto riguardava il luogo di lavoro.

Storia

Approfondiamo ora la storia dei contratti a progetto, per capire come sono arrivati in Italia e perché.

cocopro

La collaborazione a progetto nasce nel 2003, come parziale superamento della collaborazione coordinata e continuativa (che permane tuttora e della quale, quella a progetto, è stata una specifica tipologia).

Non si è trattato, dunque, di sostituzione del co.co.co con la co.co.pro, ma semmai di uno spin-off della seconda dalla prima forma di lavoro parasubordinato.

Nel corso degli anni si sono susseguite una serie di modifiche, come l’aumento dei contributi a partire dal 2012 e il contratto co.co.pro. con partita IVA.

Con l’emanazione del decreto legge 8 giugno 2013, n. 76 – convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013, n. 99 – sono stati fissati i limiti di utilizzo di contratti co.co.pro. al fine di evitare abusi.

Con l’introduzione del Jobs Act del governo Renzi, dal giugno 2015 non è più possibile stipulare nuovi contratti a progetto, mentre dal 1º gennaio 2016 sono stati obbligatoriamente trasformati quelli in vigore in quanto tale forma di lavoro è stata abolita definitivamente.

Come vedremo nei prossimi paragrafi, però, esiste ancora la collaborazione coordinata e continuativa.

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Retribuzione e contributi

Parlando di contratto a progetto e retribuzione, il vecchio co.co.pro prevedeva il pagamento dell’intero progetto, da corrispondere secondo le modalità concordate tra datore di lavoro e professionista (unica soluzione, rateazione e così via).

Per quanto riguarda, invece, contratto a progetto e contributi INPS, questi ultimi venivano calcolati così: 2/3 a carico del datore del datore di lavoro, 1/3 a carico del lavoratore.

Co.co.pro dopo il Jobs Act

I contratti a progetto potevano essere stipulati nel nostro Paese fino all’avvento del Jobs Act (D.Lgs 81/2015). Dal 25 giugno 2015, quando è entrato in vigore il decreto legislativo, nessun datore di lavoro può stipulare nuovi contratti a progetto.

Tuttavia, nonostante il co.co.pro non esista più nelle vesti in cui lo conosciamo, vi sono ancora delle forme di rapporto lavorativo di collaborazione coordinata e continuativa.

Le casistiche in cui si possono avere delle collaborazioni coordinate e continuative sono essenzialmente:

  • Collaborazioni legate all’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  • Prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
  • Attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni.

Un’ulteriore eccezione è rappresentata, al momento, anche dai call center:  si possono attivare collaborazioni coordinate e collaborative per i call center outbound, servizi non di telefonia e realizzati attraverso operatori telefonici.

Gestione del lavoro dopo il Jobs Act : il Master Unicusano

Se sei un laureato già specializzato nelle materie lavoristiche o un professionista di questo settore (commercialista, avvocato, sindacalista, direttore del personale, funzionario pubblico e così via), puoi migliorare le tue competenze e le tue conoscenze iscrivendoti al nostro Master II Livello in La gestione del rapporto di lavoro dopo il c.d. “Jobs act”.

Ma vediamo nello specifico come funziona il Master e quali sono le opportunità che offre.

A chi si rivolge?

Il Master si rivolge a queste figure professionali (o aspiranti tali):

  • Liberi professionisti nelle aree della consulenza del lavoro;
  • Dirigenti e altri addetti all’amministrazione del personale e alla gestione delle risorse umane;
  • Dirigenti e altri addetti agli uffici di relazioni esterne e di relazioni industriali;
  • Dirigenti e funzionari di associazioni di categoria, di associazioni sindacali, di enti bilaterali;
  • Dirigenti e funzionari di enti pubblici, in particolare di quelli interni (statali, degli enti locali e previdenziali), comunitari e internazionali – che operano nel campo dei servizi per l’impiego, delle politiche del lavoro, della formazione e delle politiche sociali, delle prestazioni previdenziali e della relativa contribuzione;
  • Esperti di sicurezza sul lavoro e trattamento dei dati personali.

Quanto dura?

Il Master Unicusano dura un anno e le ore di impegno richieste sono 1500. La didattica è erogata online, grazie ad una piattaforma di e-learning attiva 24 ore su 24.

Gli iscritti al Master dovranno sostenere un esame finale che accerti il conseguimento degli obiettivi proposti presso la sede dell’Università sita in Roma – Via Don Carlo Gnocchi 3.

Offerta formativa

Tra le tematiche trattate all’interno del Master, menzioniamo:

  • Impresa e trasformazioni organizzative;
  • Nuove tipologie contrattuali, con riferimento ai vecchi contratti a progetto, al lavoro subordinato e autonomo;
  • Gestione del rapporto di lavoro subordinato;
  • Estinzione del rapporto di lavoro;
  • Sicurezza sul lavoro;
  • Diritto del lavoro e società pubbliche;
  • Diritto del lavoro e ricambio generazionale.

Per iscriverti al nostro Master e perfezionare le tue conoscenze, contattaci o chiama il numero verde 800.98.73.73


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